Paraphrase

Poem Number: 
342
1Nutro il mio stanco cuore del cibo,
cioè lacrime e dolore, del quale sempre il mio signore (Amore) abbonda
e spesso tremo, e spesso impallidisco
pensando alla sua ferita aperta e profonda.
2Ma colei che, finché visse, non fu inferiore
o pari a nessun’altra donna, si avvicina al letto
in cui giaccio sofferente con un aspetto tale che
a malapena oso guardarla, e pietosamente mi assiste.
3Con quella mano che ho tanto amato,
mi asciuga gli occhi, e con le sue parole mi trasmette
una dolcezza che nessun mortale sentì mai.
4“Cosa conta, dice, il sapere se uno si sconforta nelle avversità?
Non piangere più: non hai forse pianto abbastanza?
Potessi tu essere tanto vivo quanto io sono morta!”
Language: 
Italian
Base Text: 
Contini

University of Oregon

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